Ne perdiamo troppo.
"Ad aspettare l'attimo che accende".
Poi l'attimo non arriva.
E il tempo perso è perso e basta.
Non ritorna.
Ne perdiamo tanto, di tempo.
Sì.
Davanti a un telefono che non squilla.
Aspettando quel messaggio che non arriva.
Smarriti nel labirinto della mente.
Dove non c'è filo che ci salvi.
Anzi.
Il filo è quel pensiero semplice che all'improvviso si aggroviglia.
E tutto si fa più complicato.
Pesante.
E piano piano si va via.
Verso l'ignoto.
Alla conquista di mondi inesplorati.
Verso un nuovo inizio.
Serve eccome.
Serve il tempo che passa e allontana.
Che sbiadisce i ricordi.
Che sfuma i contorni.
Che calma il respiro.
E rallenta il battito nel petto.
Aiuta a ristabilire le distanze.
A dare alle cose il giusto peso.
Come un cannocchiale a rovescio.
Che ci guardi dentro e il mondo è piccolo piccolo.
Il tempo che passa e dà un senso alle cose.
Che pacifica l'anima.
Alleggerisce il cuore.
E questo non è tempo perso.
Mai.
È tempo che cura.
È tempo che cura il tempo.
Tutto quel tempo che abbiamo perso.
Quello speso male.
Quello "ammazzato".
Quello fatto di di "se" e di "ma".
E "quella volta che noi due era meglio parlarci".
E invece non lo abbiamo fatto.
Chissà poi perché.
E allora prendiamocelo un po' di tempo per curare il tempo.
Che pure quello è "tempo che sfugge".
È vero.
Ma "prima o poi ci riprende".
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